Victim (1961), diretto da Basil Dearden, è un film di denuncia civile travestito da thriller psicologico, una delle opere più coraggiose del cinema britannico del dopoguerra. Ambientato in una Londra ancora intrappolata in un moralismo ipocrita, racconta la vicenda di Melville Farr (interpretato da un magistrale Dirk Bogarde), un avvocato di successo coinvolto in un caso di ricatto legato alla sua relazione con un giovane uomo, in un’epoca in cui l’omosessualità era ancora considerata un reato. La pellicola affronta il tema con rigore e compassione, evitando ogni sensazionalismo: Dearden adotta i codici del noir e del poliziesco per costruire una tensione che non è solo narrativa ma soprattutto morale. Victim è stato il primo film britannico a pronunciare esplicitamente la parola “homosexual”, un gesto linguistico e politico che segna una frattura nella storia del cinema inglese e nella cultura del tempo. La regia, solida e sobria, con un uso misurato ma efficace del bianco e nero, richiama echi wellesiani nella costruzione delle ombre e nella geometria dei volti. Bogarde, cupo e tormentato, offre un’interpretazione di straordinaria intensità: il suo Farr è un uomo congelato dal proprio stesso stigma, diviso tra dovere, desiderio e paura. Gli altri interpreti contribuiscono a un clima di rigore e tensione morale, senza mai scivolare nella retorica. A più di sessant’anni di distanza, Victim conserva intatta la sua forza: un film anomalo e pionieristico, capace di coniugare il linguaggio del thriller con un profondo senso etico, e di restituire con lucidità la violenza silenziosa dell’intolleranza.