Uscito nel 1982 e accolto con freddezza dal pubblico e dalla critica, Re per una notte rimane uno dei film più sottovalutati, e più profetici, della filmografia di Martin Scorsese.All’apparenza una commedia nera sulla celebrità e sull’ossessione per la fama, il film si rivela col tempo una lucida e inquietante indagine psicologica sulla solitudine e sull’auto-illusione nell’America dello spettacolo.
Il protagonista, Rupert Pupkin (un monumentale Robert De Niro), è un aspirante comico privo di talento e divorato dal delirio di grandezza: sogna di essere amato, riconosciuto, applaudito. Per raggiungere l’obiettivo, rapisce il suo idolo televisivo, Jerry Langford (interpretato da un sorprendente Jerry Lewis in un ruolo autoironico e crepuscolare).
Questa trama apparentemente assurda diventa per Scorsese una parabola sul culto patologico dell’immagine, un ritratto anticipatore della cultura del narcisismo e dell’idolatria mediatica.
La regia è volutamente “sporca”, disadorna, spogliata di glamour: Scorsese filma l’ossessione come se fosse un esperimento entomologico, osservando i suoi personaggi con distanza, senza empatia né condanna. Il risultato è un kammerspiel urbano (l’ossimoro è perfetto), claustrofobico e disperato, dove la città diventa una scatola vuota, un labirinto di specchi deformanti.
L’incontro-scontro tra Pupkin e Langford funziona come una dialettica simbolica: il nuovo e il vecchio, il dilettante e il professionista, la fame e la disillusione, la follia e il disincanto.
Entrambi incarnano la condanna dell’artista nello show-business contemporaneo: chi è fuori anela a entrare, chi è dentro sogna di fuggire.
Scorsese smonta il mito americano del successo con un sarcasmo glaciale, costruendo un film che non concede catarsi, ma solo un sorriso amaro e disturbante.
Nella parabola di Pupkin che diventa famoso proprio per il suo crimine, si legge la visione di un mondo in cui la notorietà ha sostituito il merito, e la performance ha divorato la realtà.Profetico, corrosivo, ossessivo: Re per una notte è un film che oggi parla più che mai del nostro presente, quello dominato dai social, dai talk-show e dalla fame di visibilità.Un capolavoro misconosciuto, un manifesto anticipatore del culto dell’immagine, da riscoprire come uno dei vertici più lucidi e crudeli del cinema di Scorsese.