All’inizio del Seminario X (1962-63), Jacques Lacan sceglie un’immagine disturbante per introdurre la sua teoria dell’angoscia: la Mantide religiosa.
Non un semplice simbolo, ma una scena mentale, una visione che costringe a interrogarsi. “Volete sapere quando nasce l’angoscia?”, chiede ai suoi allievi, invitandoli a seguirlo in un percorso dove la paura non riguarda il nulla, ma l’eccesso di senso.
A differenza di Freud, Heidegger o Sartre, Lacan non pensa l’angoscia come esperienza del vuoto o della libertà.
L’angoscia, per lui, non è l’assenza di oggetto, ma l’irruzione di un oggetto troppo vicino: l’oggetto del desiderio dell’Altro.
È il momento in cui ci accorgiamo di essere visti, desiderati, forse divorati da uno sguardo che non possiamo decifrare.
La Mantide, con la sua calma assassina, incarna perfettamente questa dinamica.
Non è l’immagine del nulla, ma quella del desiderio che cattura, che immobilizza.
Il soggetto angosciato non è libero: è guardato, scelto, reso oggetto.
L’angoscia nasce non quando possiamo decidere, ma quando intuiamo di essere già stati decisi, come la preda che sente l’occhio del predatore su di sé.Lacan riassume questa condizione in un esperimento mentale:
immaginate di trovarvi davanti a una mantide religiosa, sapendo che sul vostro volto si riflette il volto del maschio — colui che, dopo l’atto, verrà divorato.
Non potete muovervi, né sapere se la mantide vi risparmierà o vi divorerà.
Siete lì, esposti, catturati nel suo desiderio.
L’angoscia, allora, è precisamente questo: sentirsi oggetto del godimento dell’Altro.
Non segnale di libertà, ma della sua assenza; non apertura al possibile, ma chiusura nel simbolico.
Non vertigine del nulla, ma vertigine dello sguardo dell’Altro, che ci trasforma in cosa.
In questa prospettiva, l’angoscia non è un sintomo psicologico, ma una verità ontologica: il punto in cui il desiderio, anziché muoverci, ci immobilizza.
È il momento in cui ci scopriamo parte di una scena che non abbiamo scritto noi, ma che si recita su di noi.
Come il maschio della mantide, restiamo sospesi tra la fascinazione e il terrore — vittime di un desiderio che non comprendiamo, ma da cui non possiamo sottrarci.

 

David PacificI