In Focus, Arthur Miller affida a una vicenda minima, un uomo qualunque scambiato per ebreo a causa di un insignificante paio di occhiali,
il compito di dischiudere una verità implacabile: l’identità, nella modernità, è meno ciò che si è che ciò che lo sguardo collettivo decide di vedere. La persecuzione non nasce qui dal fanatismo urlato, ma dalla somma di prudenza, opportunismo, conformismo: una violenza senza passioni, amministrata con sobria efficienza sociale. Newman non viene “convertito” alla giustizia; viene semplicemente risucchiato, per attrito, nella zona grigia in cui l’umano si scopre vulnerabile e sostituibile.
Romanzo breve e densissimo, Focus non denuncia soltanto l’antisemitismo storico, ma ne smonta la sintassi profonda: quella per cui l’odio diventa abitudine, procedura, normalità. Ed è proprio per questa freddezza analitica, priva di ogni coartata edificazione, che il libro continua a stupire per la sua attualità intollerabile.
David Pacifici