Il nano e la strega (1975), attribuito nominalmente a Gioacchino Libratti per ragioni censorie, è in realtà il primo lungometraggio erotico animato italiano firmato, nella sostanza, da Gibba (Francesco Maurizio Guido), figura di punta dell’animazione adulta nel nostro Paese. Un autore che, fin dagli anni Sessanta, ha tentato di liberare il cartoon italiano dai vincoli infantili, spingendolo verso un territorio più sporco, satirico, apertamente trasgressivo; un’animazione che non intrattiene, ma disturba e devia.
Il film cerca un varco nel solco aperto da Fritz il gatto, ma lo percorre con un’identità tutta sua: un segno rapido, deformato, espressionista, che rende la fiaba un contenitore instabile, pronto a rovesciarsi. La storia è uno sconquasso grottesco: Merlina, strega decrepita, apprende dallo zio Magozio che potrà tornare bella soltanto accoppiandosi più volte con il nano Pipolo, personaggio iperbolico, riluttante, sessualmente caricaturale. Pipolo fugge, e la fuga stessa diventa un viaggio fra mondi eterogenei: prima un circo sgangherato, poi una foresta di Sherwood reinventata come parodia del mito, dove Robin Hood e i suoi compagni lo proclamano “duce”, mescolando satira, fumetto e leggenda popolare in un’unica massa delirante.
La rivolta scoppia per errore, come spesso accade nei racconti di Gibba, dove la logica narrativa si incrina volutamente e i personaggi agiscono per scarti, non per coerenza. L’usurpatore viene cacciato, l’incantesimo si spezza, e i due protagonisti recuperano la loro forma originaria: Merlina si rivela una principessa bellissima, Pipolo un principe. Tuttavia, la normalità comporta una perdita: Pipolo rinuncia alla propria eccezionale virilità, diventando un uomo qualunque.
Il finale spinge l’allegoria verso il sarcasmo: Magozio offre una scelta binaria, brutalmente simbolica — un Pipolo normale ma impotente, oppure un nano minuscolo e superdotato. La decisione cade sulla seconda opzione, segnando un ritorno alla deformità come privilegio, come paradossale luogo di potere.
Lontano dalle ambizioni industriali e dalle convenzioni morali del cinema d’animazione dell’epoca, Il nano e la strega rimane un oggetto irregolare, spigoloso, profondamente gibbesco, un esperimento di animazione adulta. Un piccolo frammento cult, isolato e irripetibile.
David Pacifici