Tornato nelle librerie italiane I baffi, terzo romanzo di Emmanuel Carrère, il più russo tra gli scrittori francesi, pubblicato in Francia nel 1986 con il titolo Le Moustache.
In apparenza, la trama è semplice: un uomo decide di tagliarsi i baffi, gesto insignificante e quotidiano. Ma da quell’atto minimo si sprigiona un disastro simbolico. La moglie, gli amici, i colleghi, tutti negano che egli abbia mai avuto i baffi. Il reale, come un tessuto che si lacera, lascia emergere la vertigine dell’inconsistenza. Il mondo perde coerenza, e l’identità dell’uomo si dissolve in una follia lucida, allucinatoria, paranoide.
Carrère costruisce un racconto psicoanalitico sullo smarrimento dell’Io: la perdita di un segno corporeo, i baffi, appunto, si trasforma nella perdita dell’ancoraggio simbolico, nel collasso del rapporto speculare con l’Altro. È come se l’uomo non trovasse più il proprio riflesso, né nell’immagine né nel linguaggio. L’oggetto minimo diventa così il punto di rottura del narcisismo, il luogo dove si manifesta la violenza del Reale lacaniano, che irrompe e sfigura la trama della realtà condivisa.
La narrazione, tesa e ossessiva, segue la disgregazione dell’identità come un processo analitico inverso: non verso la guarigione, ma verso la pura perdita del senso. In questo viaggio claustrofobico tra rimozione e delirio, Carrère dialoga con Kafka, Gogol’, Pirandello, Borges, autori che hanno esplorato la zona grigia tra sogno e realtà, tra simbolico e follia.
Romanzo breve ma vertiginoso, I baffi è una parabola sulla fragilità del soggetto moderno, continuamente esposto alla dissoluzione del proprio Io. Un testo che scava nell’inconscio come una lama fredda, e lascia il lettore sospeso tra angoscia e fascinazione.
Perfetta lettura autunnale: inquietante, intellettuale, profondamente perturbante.
David Pacifici