Opera-soglia tra cinema, pittura e liturgia, Il colore del melograno di Sergej Paradžanov costituisce una delle più alte e radicali esperienze di trasfigurazione poetica del linguaggio cinematografico. Girato nel 1968 e immediatamente avversato dal regime sovietico per la sua insubordinazione ideologica e formale, il film rimase a lungo un oggetto clandestino, un corpo eretico nell’orizzonte del realismo socialista. Solo nel 1982, con la sua apparizione nella Top 10 dei “Cahiers du cinéma”, venne riconosciuto come una delle esperienze più visionarie e irriducibili della modernità filmica.
Paradžanov, muovendosi in una dimensione extracronologica e simbolica, costruisce non tanto una biografia, quanto una agiografia laica del poeta armeno Sayat Nova, dove la storia individuale si dissolve in un reticolo di allegorie, archetipi e segni sacri. Il film procede per quadri statici e frontali, veri e propri tableaux vivants che assumono la funzione di icone animate: la macchina da presa non osserva, ma officia; non rappresenta, ma consacra.
L’universo figurativo di Paradžanov opera una crasi vertiginosa tra Bibbia e Corano, mitologia e folklore, liturgia cristiano-orientale e simbolismo armeno, in un sincretismo estetico che sfida tanto la semantica quanto la cronologia. Il colore, in particolare il rosso granato del titolo, diviene sostanza teologica e metaforica, sangue e parola, eros e sacrificio. Ogni oggetto (un libro, un frutto, un tessuto, un volto) viene sottratto alla contingenza per assumere valore iconico, come frammento di un ordine perduto.
Nel rifiuto di ogni psicologismo, Il colore del melograno elabora una poetica dell’enigma, dove il senso non si svela ma si contempla, secondo una modalità più prossima alla teologia negativa che alla narrazione cinematografica. In ciò risiede la sua natura politica: resistere al linguaggio del potere attraverso l’epifania del simbolo, opporre alla linearità ideologica la densità del sacro.
Non stupisce dunque che Fellini, Godard e Antonioni lo abbiano salutato come un capolavoro assoluto. Paradžanov non filma: invoca. Il colore del melograno è un atto di fede nella forma, un poema visivo sulla memoria come rito e sull’immagine come resurrezione.
David Pacifici