Opera d’esordio di folgorante intensità, π si configura come un thriller metafisico e paranoico, un viaggio allucinato nei recessi della mente matematica ossessionata dall’assoluto. Aronofsky, debitore di Tsukamoto, Lynch e Cronenberg, orchestra un film claustrofobico e febbrile, girato in una Brooklyn chassidica, spettrale e ipnotica, dove l’angoscia metafisica e la vertigine numerologica si fondono in un unico delirio visivo.
Il protagonista, matematico in preda a una febbre gnostica, ricerca la formula ultima — il numero che svela la struttura segreta del Cosmo, l’equivalente numerico del Nome di D-o. Schiacciato tra Wall Street e la Qabbalah, tra l’algoritmo e l’estasi, precipita in una follia lucida che sfiora la rivelazione mistica.
Aronofsky costruisce un labirinto filmico dove la sezione aurea, la serie di Fibonacci e l’algebra esoterica si intrecciano con le pulsioni religiose e l’ossessione del controllo. La fotografia in bianco e nero, ipercontrastata e “scoppiata”, accentua la dimensione allucinatoria, mentre il montaggio convulso evoca la disgregazione percettiva del protagonista.
Film eccentrico, disturbante e profondamente simbolico, π rimane una delle più potenti allegorie moderne della ricerca umana del senso nascosto, sospesa tra scienza e fede, ragione e delirio. Un esordio che, già nel 1998, si impose come cult assoluto per la sua radicale originalità e la sua vertigine mistico-matematica.
David Pacifici