Attali, figura eclettica, economista, consigliere di Mitterand, banchiere, saggista, e libero pensatore si cimenta in un’impresa impossibile: un dizionario sull’ebraismo.
In questo libro, a metà tra enciclopedia sentimentale e midrash laico, ogni voce diventa un varco: non semplice definizione, ma gesto esegetico, eco di un’antica interrogazione.
L’autore convoca millenni di pensiero, da Abramo a Spinoza, da Kafka a Levinas, dai cabalisti alle liturgie. Tutto è disposto in un ordine solo apparentemente alfabetico: in realtà, un alfabeto dell’anima, in cui ogni lemma è un frammento del “Nome”, un tentativo di dire l’indicibile.
L’ebraismo, per Attali, non è una religione tra le altre, ma la grammatica stessa del pensare: un modo di stare nel mondo in tensione costante tra Legge e libertà, memoria e attesa, esilio e promessa. E nel suo sguardo, insieme razionale e profondamente poetico, si coglie la consapevolezza che la lingua ebraica non descrive la realtà, ma la crea, come nel primo atto di D-o.
Libro da leggere lentamente, come si leggono i testi sacri: lasciandosi ferire da ciò che non si comprende e nutrire da ciò che si intuisce.