Ci sono dischi che sembrano nati per esistere ai margini, sospesi tra la rivelazione e l’oblio, e Trip Through Hell del C.A. Quintet (1969) è uno di questi: un oggetto sonoro non identificato, una visione distorta dell’America psichedelica che, mentre fioriva a San Francisco, già si decomponeva nei sotterranei più remoti del Midwest.
Formatisi a Minneapolis a metà anni Sessanta, i C.A. Quintet, guidati dal visionario Ken Erwin, non furono mai parte della “Summer of Love”, ma piuttosto della sua ombra lunga.
Provenivano da un circuito di sale da ballo, università e club periferici, e il loro suono nasceva dall’attrito tra il rock acido e il jazz spettrale, tra l’organo ecclesiastico e la batteria ossessiva, tra il blues e l’incubo. Erano, in un certo senso, i Doors del freddo nord: meno sensuali, più febbrili, con un senso del dramma che rasenta la possessione.
Nel 1969 autoprodussero Trip Through Hell in poche centinaia di copie. L’album, diviso in due lunghe suite, sembra concepito come un viaggio iniziatico e infernale: una discesa negli abissi della psiche, in cui ogni strumento si deforma fino a perdere la propria identità. Le chitarre non accompagnano, ma graffiano l’aria; l’organo non consola, ma minaccia; i fiati emergono come allucinazioni di un’orchestra spettrale.
Il risultato è una musica ipnotica, cupa, densamente atmosferica, dove il ritmo non è trance. Nulla è casuale: ogni eco, ogni tremolio, ogni dissonanza sembra partecipare a un rituale oscuro, come se il gruppo avesse deciso di evocare, più che suonare, un demone collettivo nascosto nel cuore stesso della psichedelia americana.
Solo decenni dopo, grazie alle ristampe e al culto dei collezionisti, Trip Through Hell è riemerso come un’opera fondamentale del lato oscuro degli anni Sessanta: un testamento sonoro dell’altra faccia del sogno, quella in cui la libertà si converte in vertigine e la visione in delirio.
Ascoltarlo oggi significa attraversare una soglia: non quella del paradiso lisergico, ma quella, più profonda, di un inferno interiore dove tutto brucia, lentamente, magnificamente.