Pubblicato nel 1972 in sole mille copie dalla It Dischi di Vincenzo Micocci, Dreaming with Alice di Mark Fry è diventato negli anni un oggetto di culto, considerato a lungo il Santo Graal dell’acid folk britannico. La sua rarità fisica riflette quella, più sottile, della sua sostanza artistica: un disco sospeso tra allucinazione e grazia, capace di evocare un mondo interiore che si dissolve nel momento stesso in cui tenta di manifestarsi. Fry, nato nell’Essex nel 1952, giunge in Italia alla fine degli anni Sessanta per studiare arte futurista all’Accademia delle Belle Arti di Firenze, in un clima di contaminazioni e libertà creativa. Decisivo l’incontro con Laura Papi, amica di famiglia, che gli regala un registratore a bobine: strumento minimo ma cruciale, grazie al quale il giovane artista inizia a sperimentare produzioni acustiche che diventeranno la base per il suo esordio discografico, registrato a Roma. Dreaming with Alice è un lavoro di sorprendente coerenza poetica: dodici brani che si rincorrono come frammenti di un sogno unico, alternando canzoni e interludi recitati in un flusso psichedelico e pastorale. La voce fragile e trasognata di Fry si muove tra chitarre acustiche, flauti e percussioni minime, evocando un universo sonoro dove l’eco di Donovan e Nick Drake si fonde con una visione più intima e pittorica. L’album non si limita a riprodurre i codici della psichedelia, ma li trasforma in linguaggio interiore, in pittura musicale. In Italia Fry trova un inatteso sostenitore in Lucio Dalla, che lo invita ad accompagnarlo in un tour estivo nel 1975; ma l’esperienza si interrompe presto, e l’artista lascia il Paese dimenticando persino gli obblighi di un contratto decennale con la It Dischi. Per anni l’album rimane una leggenda da collezionisti, finché nei primi Duemila viene riscoperto e ristampato, rivelandosi in tutta la sua unicità. Oggi Mark Fry è un pittore affermato, e la sua musica sopravvive come naturale estensione del suo universo visivo: rarefatta, luminosa, intrisa di quella stessa malinconia sognante che attraversa le sue tele. Un disco nato per caso, in un’Italia di passaggio, ma destinato a durare come testimonianza di una stagione irripetibile in cui arte, sogno e libertà coincidevano perfettamente.
David Pacifici