La bella e la bestia (La Belle et la Bête, 1946), diretto da Jean Cocteau e, non accreditato, da René Clément, è un’opera crepuscolare, inquietante e senza tempo: la più alta trasposizione cinematografica della celebre favola.
Cocteau, in stato di grazia, firma un poema visivo di straordinaria potenza, dove il surrealismo si intreccia a un sottile discorso psicoanalitico: il desiderio, la colpa e la metamorfosi si fondono in un rito d’iniziazione interiore.
Jean Marais, magnetico e ieratico, incarna nel doppio ruolo del principe rigenerato dall’amore e dell’inquieto amante imprigionato nelle sembianze della bestia la duplicità dell’animo umano: eros e thanatos, istinto e sublimazione, ombra e luce. Due volti della stessa tensione emotiva e spirituale, come se la bestia non fosse che la proiezione onirica del principe, o il suo inconscio liberato.
Il film, costruito su effetti visivi sorprendenti e una cura minuziosa del dettaglio, si muove tra atmosfere gotiche e sonnamboliche, sospeso tra veglia e sogno. Il finale prismatico non risolve, ma amplifica le ambiguità, lasciando fluttuare interrogativi sull’identità dei personaggi e sul senso stesso del racconto: chi ama chi, e chi realmente si trasforma?
Le scenografie sontuose, i costumi ricercati e soprattutto la fotografia onirica di Henri Alekan, autentica protagonista del film, danno vita a un universo di chiaroscuri visionari, dove la luce pare scaturire dal buio stesso, come un desiderio che prende forma nell’inconscio.
La lavorazione fu segnata da difficoltà materiali: scarsità di pellicola, razionamento dell’elettricità, continue interruzioni di corrente. Eppure Cocteau, fedele alla sua poetica dell’imprevisto, insistette nel filmare in ogni condizione, deciso a “evocare la bellezza che arriva per caso”. Quando mancava la luce di studio, si usavano torce e lampade al magnesio; gli artigiani di costumi e scenografie lavoravano a lume di candela, contribuendo a creare quella materia sospesa e misteriosa che, ancora oggi, fa di La belle et la bête un’esperienza visiva e psichica insieme, un sogno che riflette il volto segreto del desiderio.
David Pacifici