In Rock (1970), i Deep Purple compiono un atto di cesura con il proprio passato e plasmano una nuova estetica sonora, un affresco di potenza esecutiva e virtuosismo che segna l’incipit definitivo dell’hard rock moderno.
Se fino a quel momento la band aveva oscillato tra sperimentazioni psichedeliche e un rock più melodico, qui l’approccio diviene crudo, viscerale, totalmente dedito all’impatto sonoro, senza compromessi né concessioni.
L’architettura sonora dell’album è fondata sulla tensione dialettica tra l’impetuoso fraseggio chitarristico di Ritchie Blackmore e l’organo Hammond B3 di Jon Lord, la cui distorsione valvolare conferisce una timbrica aspra e monumentale, quasi orchestrale. Questa sinergia, strutturata in un dialogo serrato tra riff taglienti e progressioni armoniche di ispirazione neoclassica, trova la sua massima espressione in brani come Speed King e Hard Lovin’ Man, veri e propri manifesti di una nuova concezione del rock elettrico. La sezione ritmica di Roger Glover e Ian Paice opera con rigore: il basso di Glover si incunea con coesione tra le architetture sonore, mentre la batteria di Paice, altern rullate fulminee e accenti sincopati.
Al di sopra di questo impianto sonoro si staglia la vocalità di Ian Gillan, il cui timbro acuto e abrasivo diviene un elemento distintivo del linguaggio espressivo della band. La sua capacità di alternare morbide sfumature melodiche a grida lancinanti si sublima in Child in Time.
La produzione, volutamente ruvida e priva di edulcorazioni, amplifica l’effetto di urgenza espressiva, rendendo ogni traccia un’esplosione di potenza.
In Rock rappresenta la definitiva trasfigurazione del rock in qualcosa di più denso, feroce e strutturato. Un’opera che, a oltre mezzo secolo dalla sua pubblicazione, conserva intatta la propria potenza, imponendosi come una delle pietre angolari della rock.